Villa Morosini detta ” La Morosina” (Santo Stefano di Zimella VR).
I Morosini, nobili di origine veneziana, ereditarono il fondo con la villa e i rustica di Santo Stefano di Zimella dai Grimani nel XVIII secolo, a loro volta eredi dei Donà che, nel 1661, ottennero parte del grande fondo dei Pisani, discendenti dei fratelli Vittore, Marco e Daniele Pisani, che avevano acquistato il fondo nel 1523, dai Nogarola. Sono gli stessi Pisani che commissionarono la villa di Bagnolo di Lonigo (distante 3 km) al Palladio nel 1544.
“La Morosina” e altre dimore provenienti dal fondo Morosini e successivamente Morosini-Gattemburg erano dunque, in origine, parte della vasta proprietà dei Pisani che attraverso successioni patrimoniali, passò dai Donà ai Grimani, ai Morosini, ed infine all’istituto di carità (IRE) di Venezia per passare nel 2007 alla società S.Stefano Costruzioni srl di Montebello Vicentino.
E’ possibile risalire ai vari proprietari, attraverso un testamento redatto l’8 maggio 1711 da Bernardo Donà in favore di suo nipote Antonio Grimani figlio di sua figlia Lucrezia Donà e del genero GioBatta Grimani. Il patrimonio doveva passare ai figli maschi legittimi di Antonio, nati dal matrimonio con donna nobile e così successivamente ai figli maschi discendenti di Antonio. In caso di estinzione del casato, perché passato a una donna, Bernardo Donà nel suo testamento stabilì di far erigere un Ospedale, un Pio Ricovero per tutti i “miserabili questuani” di Venezia, affinché la città resti libera da una “così lacrimevole molestia“ affinché non disturbino più la quiete nella chiese e nelle strade della città, ”che maliziosamente incontrano questa vita fraudolosa per sottrarsi dalla fatica di procurarsi l’alimento con li loro sudori” (così cita il testamento).
Quest’opera poteva essere gradita a Dio e decorosa alla città, meritoria anche per preservare la salute dei cittadini e per non avere più contatti con gente “lorda e innetta”. Questo Pio Ricovero (IRE) aveva così due funzioni: liberare dai mendicanti la città e fare un’opera buona di fronte e Dio. Il fondo passò di successore in successore fino all’ultimo pronipote di Grimani, Giovanni padre di Loredana che andò in sposa ad un Morosini. Con Loredana Grimani Morosini venne concluso un contratto l’8 giugno 1793 nel quale si stabiliva la liquidazione fatta dal perito dell’intera sostanza e l’assegnazione alla Pia Causa del 53% dell’antico fondo Donà-Grimani. Con un altro contratto del 5 febbraio 1812, vennero assegnate alla Causa Pia 122.069.60 lire. Venne così designato l’Istituto del Ricovero all’accoglimento dei mercanti e vennero devoluti al’Istituto stesso,3/6 del reddito annuale del patrimonio dei Donà; 2/6 all’Orfanotrofio maschile; e 1/6 all’Orfanotrofio femminile di Venezia.
Nella mappa conservata nell’Archivio di Stato di Venezia datata 1638, è possibile individuare la proprietà dei Donati o Donà, che confina con quella dei Corner o Cornaro. Di Pertinenza dei Donà sono sia il fondo collegato all’edificio de “la Morosina” sia quello dove si innalza villa denominata Corner o Corsaro, probabilmente edificio trasformato nell’ 800 dall’ultima discendente dei Morosini, Elisabetta, figlia di Francesco e nipote di Loredana Grimani Morosini, la quale sposò poi il conte austriaco Antonio Gattemburg.
Fu questa Loredana Grimani-Morosini-Gattemburg l’erede dell’immenso patrimonio venuto dalla fusione di quello dei Grimani e dei Morosini a Santo Stefano, a Volpino, a Zimella e a Bagnolo. Alla sua morte i beni furono messi all’asta dagli eredi, ad eccezione di quelli destinati alla Casa d Ricovero di Venezia. Nello stralcio della perizia relativa al lascito fondiario Morosini Gattemburg fatto con un testamento del 1866 e redatta dall’ingegner Pietro Saccardo il 9 giugno 1885, in occasione della consegna definitava del fondo alla Casa di Ricovero di Venezia, si legge che gli stabili nel comune di Santo Stefano di Volpino e Zimella sono: un corpo di fabbricati e terreni, al centro dell’azienda, un vecchio palazzo di villeggiatura, una grande tettoia aperta e sostenuta da colonne verso sud, una grande aia selciata, una casa d’abitazione per l’agente, locali terreni a diversi usi e sopra due vaste granai, altre adiacenze e stalle per vitelli. Vicino, sullo stesso lati della strada, una casa civile con adiacenze. Al di là della strada una piccola casa ad uso del risaio o castaldo ed un grande fabbricato, costruito successivamente alla villa, ad uso di stalla e fienile con case attigue per due famiglie di bifolchi, dove ora c’è corte Destrotti. Perciò tutte le vecchie costruzioni vicino a villa Morosina erano dei lavoratori del fondo della vasta tenuta Morosini.
Inoltre si fa menzione anche di piccoli e grandi apprezzamenti con il nome di Pezza Gallina, di Campagnola, di Volpino e Tasso nella frazione di Volpino, con relativo fabbricato ad uso di stalla per sei animali e relativo fienile a casa colonia (eretti nel 1876). Nel comune di Zimella si cita anche un grande corpo di terreni coltivati a risaia con due fabbricanti denominati i Casotti, anche questi nel 1876, contenenti uno quattro e l’altro tre abitazioni da quattro locali l’una per i lavoratori del fondo e una casetta separata; nonché di un vecchio edificio in località Zoppellara consiste in una pila da riso a vecchio sistema con 32 pistoni , mossa da una ruota idraulica di ferro con le pale di legno. A Bagnolo, diviso dalla strada, un altro corpo di terreni dei Morosini era coltivato a risaia, senza fabbricati. Per irrigare le risaie si usava l’acqua del Guà che veniva raccolta nel Rio Piovegol che la distribuiva sia ai Pisani che ai Morosini – Gattemburg vi è anche la villa di Albaredo di Vedelago a Treviso, dotata di grandi barchesse analoghe a quella de “la Morosina” di Santo Stefano di Zimella.