Stato attuale / Progetto di recupero

Villa Morosina

Presentazione Archittetonica

"Villa La Morosina" è situata in via Roma 494 a S.Stefano di Zimella (Verona) su un fondo di 24.000 mq. comprendente annessi vari; è situata a fine paese lungo la strada che porta verso Bagnolo e comprende un esteso latifondo e i rustici.

Prende il nome dall’ultima nobile proprietaria prima di passare all’IRE (Istituto di Ricovero e di Educazione) di Venezia. In un documento del Seicento questo edificio appare come un corpo unico a cui è addossata una tettoia che potrebbe essere stata un fienile. Il palazzo padronale, denominato La Morosina, è di epoca cinquecentesca ed è riconducibile alla seconda metà di quel secolo. E’ una costruzione sobria e non certo monumentale come la villa di Bagnolo dei Pisani, ma risulta comunque di un certo rilievo e rappresenta una delle tante dimore fatte ai Pisani tra i confini veronesi e vicentini.

Il corpo abitativo della villa, ancora oggi ben conservato, è a tre piani con doppia facciata, anche se simile, verso la strada e verso il cortile, come erano i palazzi veneziani con la facciata “de terra e de mar”. L’edificio si presenta semplice con una porta in pietra ad arco a tutto sesto al piano terra e ai lati due graziose finestrelle esagonali bordate anch’esse in pietra con altre due finestrelle. Al primo piano, quello nobile, troviamo una porta ad arco più stretta e più alta con un balconcino sporgente sorretto da mensole in ferro battuto a ventre. Nella ringhiera c’è il nome del fabbro che la forgiò: Domenico Fontana. Le finestre rettangolari, ai lati del balconcino, sono appoggiate alla porta con la bordatura di pietra simile ad una serliana.

All’ultimo piano sei finestre più piccole, quasi graduate, illuminano il granaio. Alla sommità del tetto si notano due caratteristiche comignoli che sporgono vistosamente mentre gli altri due della facciata del cortile, sono diversi e più semplici.

L’interno presenta la tipica suddivisione in tre parti con il salone centrale con le travature in legno, che attraversa tutto l’edificio e due stanze ai lati. Al centro del salone sulla destra, una bella porta ad arco, immette alla scalinata che conduce l piano superiore con i giardini in pietra, ora rivestiti in legno con volta a botta e nei pianerottoli due volte a crociera o a vela. Lo stesso motivo della volta a botte e a crociera, si ripete al primo e al secondo piano. Alla fine della scala troviamo una stanza, la piccionaia, con una finestrella tripartita ad arco in pietra rivolta ad Ovest appoggiata su un parapetto, che serviva per i colombi e con la stessa forma a serliana della porta e finestre del piano nobile. Tutti i soffitti hanno le travature regolati di legno e nel granaio si notano delle grosse travature che sorreggono il tetto. All’interno non ci sono decorazioni o affreschi.

Nelle stanze fanno bella mostra di sé dei camini, uno più basso e profilato con una cornice semplice e poco sporgente di pietra, e un altro più grande al pian terreno, nell’ultima sala a destra dell’ingresso, alto con cappa sporgente, impalcato su monumentali spalle di pietra a zampa di leone. Il cortile è occupato da una grande aia che era in mattoni per essiccare il grano o il riso con un pozzo di pietra chiara che serviva per dare acqua alla famiglia.

A lato della villa una piccola costruzione che serviva da stalla e da magazzino con finestre ad arco ribassato in mattoni. Annessi alla villa trovano dislocazione i rustici con la casa del Castaldo. Della grande barchessa oggi è rimasto solo un alto muro in mattoni con delle finestre e due porte ora murate a due portali con due grandi protiri sporgenti verso la strada, con copertura a falde e orditura in legno, sostenuti da due colonne doriche in mattoni rastremate verso l’alto con basamento in pietra sostenuto da mattoni, simili a quelle dei rustici di Bagnolo dei Pisani, che riparano e impreziosiscono i due ingressi. Alcune colonne sono state in parte rovinate per allargare il portone e far passare i grossi trattori. All’interno del cortile sono rimaste solo delle tracce dell’antico portico e delle colonne in mattoni con capitello in pietra in stile dorico rastremate l’alto e poggianti direttamente a terra.

Le barchesse sono state distrutte da un incendio causato dai tedeschi negli ultimi giorni di guerra dell’aprile 1945. Alla fine delle barchesse, a ovest, vi era la casa denominata dell’agente , costruita successivamente (si notano ancora delle colonne incastonate nel muro della costruzione); interessante è il cornicione dentellato di questa casa. A dividere la villa dai rustici, come era tradizione per non avere contatti con la servitù e i contadini, c’era un muro in mattoni. Nel 1881 è stata aggiunta anche una stalla oggi in situazione fatiscente ed in seguito altre strutture che hanno fatto perdere la visione armonica del grande cortile. Un lungo muro in mattoni divide ad ovest la proprietà di villa Morosina con quella dell’attigua villa Cornaro.

Villa Morosina fu anche luogo di alcuni avvenimenti storici. Il 2 dicembre 1804 Napoleone si autoproclamò imperatore e nel 1805 assunse anche la corona di Re d’Italia. Nel 1805, per contrastare quello che ormai era diventata una minaccia per l’Europa, scoppiò contro la Francia la Terza Guerra di Coalizione. In Italia Napoleone mandò il generale Massenna per affrontare gli austriaci nelle vicinanze dell’Adige. ”A tal fine il 16 settembre 1805 disposero di accampare l’armata nei pressi di Cologna. Frattanto il 27 dello stesso mese l’Arciduca Carlo passò in rassegna la truppa qui già accantonata. Finiti gli allestimenti, il 13 ottobre l’armatura austriaca si accampò con bivacchi nei comuni di Cucca, S.Gregorio ed Arcole, ed il 16 fissò in S. Stefano, nel palazzo Morosini, il quartiere generale, cui facevano i commissari di Russia e d’Inghilterra”, così cita il Cardo. Adesso la villa è in fase di progettazione di restauro per attività ricettive.Anche i rustici ed il grande cortile sono fase di progettazione di recupero per creare nuove unità abitative valorizzanti stilisticamente l’ambiente storico/artistico ove saranno inserite.